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Sulla Ricerca,non sempre è affidabile


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#1 romy

romy

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Inviato 28 dicembre 2008 - 22:29:29

Il NADH

Il NADH è il classico esempio di come una sostanza potenzialmente utile come farmaco (cioè per soggetti malati) venga proposto a tutti come integratore, con l'illogica deduzione "se fa bene a un malato, figuriamoci a uno sano".
Il nicotinamideadenindinucleotide è un coenzima che interviene nel ciclo di produzione aerobica dell'energia (catena di trasporto degli elettroni e fosforilazione ossidativa). Esiste in due forme, una ossidata (NAD) e l'altra ridotta (NADH, ha accettato un elettrone). Scoperto nel 1904 da Harden e Young, in una miscela di composti ottenuta da estratti deproteinizzati di lievito, fu successivamente isolato nel 1936 da von Euler, Walburg e Christian.
Il trucco della sostanza fondamentale - L'integrazione con NADH è veramente interessante? Può veramente combattere la fatica, debellare la stanchezza di una persona sana o migliorare la prestazione di un atleta? La risposta è purtroppo: no. I motivi sono sostanzialmente due:
nella produzione di energia entrano in gioco un centinaio di sostanze principali.
Le quantità coinvolte spesso sono decisamente superiori a quelle offerte (per motivi di costo) dall'integrazione.
È abbastanza facile creare un prodotto partendo da una qualunque di queste sostanze e poi costruire una campagna pubblicitaria sul concetto. Esempio: "Speedy è una sostanza naturale che interviene nella produzione di energia ed è quindi fondamentale per il mantenimento del benessere. Innumerevoli studi clinici ecc. ecc."
Speedy è una delle decine di sostanze (principali) coinvolte nei processi energetici, per esempio il Q10 (già sfruttato), la creatina (nel meccanismo CP, già sfruttata), la niacina (già sfruttata, è la vitamina B3). Un altro importante coenzima è il FAD (flavin adenin dinucleotide, che si origina dalla riboflavina, la vitamina B2). Insomma chi vuole lanciare un prodotto cosa fa?
1) Studia i trasferimenti energetici dell'organismo.
2) Identifica una sostanza (anche i carboidrati andavano bene quando si è partiti con questa filosofia: oggi ci vogliono nomi e sostanze sempre più sofisticate) che può essere somministrata come integratore e che partecipa ai processi energetici.
3) Trova ricerche scientifiche che coinvolgono positivamente questa sostanza.
4) Confeziona la campagna pubblicitaria.
Praticamente l'approccio poi non funziona perché:
a) i processi energetici sono come una sinfonia suonata da un'orchestra: cambiare un orchestrale (e sono centinaia), anche se importante (per esempio, il primo violino), non modifica più di tanto la qualità dell'orchestra. Se è un'orchestra di serie C è inutile inserire un orchestrale di serie A, la cui bravura e talento sono tarpati dalle inefficienze dei compagni. Nel caso del NADH basta ricordare che gli elettroni trasportati dal NADH sono passati in enormi quantità al coenzima Q: già sapendo questo, tutti capiscono che se manca il coenzima Q è inutile avere vagonate di NADH. L'approccio fuorviante delle campagne pubblicitarie è proprio questo: si vuol far credere che i processi energetici dipendano da una sola sostanza e non si ha il coraggio di dire che in realtà dipendono da decine di sostanze TUTTE importanti e fondamentali e che nessuna può sostituirsi a quelle che mancano.
:115: I risultati della ricerca scientifica devono essere attentamente considerati. Molto spesso si usano nella ricerca quantità che poi nell'integrazione non sono sostenibili per problemi di costo. Si legga l'articolo sui limiti della ricerca.
Ritornando alla campagna sul NADH, vediamo in dettaglio cosa non va.
1) Il NADH viene presentato come una nuova scoperta. In realtà ciò che c'è di nuovo è il brevetto della procedura che ottiene una forma stabilizzata della sostanza.
2) Si vuol far credere che più NADH si ha a disposizione più la cellula è in grado di produrre energia. Se ciò fosse vero, anziché 5 mg di NADH, basterebbe prenderne 50 mg e si avrebbe l'energia decuplicata.
3) Si fa riferimento a studi clinici senza quantizzare i risultati. Rimando sempre all'articolo sui limiti della ricerca.
4) Si cita l'azione positiva sulla depressione. Non auguro a chi ha scritto l'articolo di essere depresso o di avere vicino a sé persone che soffrono realmente di depressione. La ricerca scientifica è ancora abbastanza impotente di fronte a questa malattia ed è triste illudere le persone che ne soffrono di migliorare la loro situazione prendendo un energetico.
5) Anche altre affermazioni, come il rafforzamento del sistema immunitario, fanno parte di ricerche cliniche i cui risultati sono stati amplificati, una volta fuori dall'ambito scientifico per motivi commerciali. A tale proposito ricordo l'aneddoto dell'oncologo.
Anni fa un mio amico oncologo mi si presentò raggiante: finalmente la sua ricerca aveva dato buoni frutti e gli avrebbero pubblicato su una prestigiosa rivista un articolo riguardante un suo protocollo anticancro che "rallentava la malattia". Era talmente euforico che mi mostrò un grafico e me lo commentò: "Vedi, prima del mio protocollo la vita media dei pazienti terminali del mio reparto era di 18 giorni, dopo era di BEN 32 giorni!".
Morale: un "commerciale" o un "giornalista" avrebbero titolato "Scoperta nuova cura che rallenta il cancro!"
Ricerca scientifica: è affidabile?
La ricerca scientifica è spesso decisamente sovrastimata; frasi del tipo:

test clinici hanno dimostrato che...
scientificamente provato...
risultati nel 77% dei casi...
non fanno altro che ingenerare nella popolazione le uguaglianze:

ricerca = scienza = verità.

Anche solo fermandosi alla prima parte dell'espressione, si può tranquillamente affermare che si è in errore. Infatti:

è spesso facile trovare una ricerca che dimostri che X è vero e una che dimostri che X è falso. Le ricerche non sono ancora scienza...

Quanto appena affermato è percepito dal pubblico, a cui le ricerche sono rivolte, come una "grande confusione".
Nel 2005, uno studio pubblicato su Jama (Journal of the American Medical Association), la rivista dell’Associazione dei medici americani, dimostra che almeno un terzo delle ricerche, su terapie farmacologiche e non, vengono successivamente smentite o ridimensionate. La situazione è ancora più grave di quanto affermato nello studio.
In parole povere, per motivi di varia natura, spesso non propriamente nobili, una gran parte delle ricerche è fasulla.
La posta dei visitatori - Riceviamo circa dieci mail a settimana che ci chiedono di commentare ricerche che spuntano qua e là nel mondo, a volte in contrasto con quanto affermato nel sito. Di solito sono ricerche che passano come mode e hanno un'influenza nulla, ma non è per questo che abbiamo deciso di non commentarle. A parte il tempo necessario per farlo (alcune ricerche presentano i dati in una ventina di pagine!), non è lo scopo primario di questo sito "convincere sulle proprie posizioni". Lo scopo primario è "insegnare a ragionare correttamente con la propria testa". Questo è infatti il primo requisito di chi aspira a essere scientifico. Correttamente significa in modo logico e distaccato, senza preconcetti o emozioni che possano far prendere delle grosse cantonate.
Chi impara alcuni trucchi fondamentali arriva facilmente a eliminare una grande percentuali di ricerche, definendone alcune anche risibili, nonostante siano state condotte da prestigiosi gruppi di ricerca.

La differenza fra ricerca e scienza

La prima cosa da capire è che:

la ricerca è un punto di partenza, non un punto d'arrivo.

Se si considera la ricerca un punto d'arrivo si parte già con il piede sbagliato. Ogni equipe di ricercatori che pubblica o divulga i suoi studi lo fa (o dovrebbe farlo!) non per asserire una certezza, ma per fare in modo che altri, eventualmente allargandone i confini, confermino i risultati trovati.
Solo le ricerche che stabiliscono nessi di causa-effetto diventano scienza.

Un caso classico di decine di ricerche "miracolose" che si sono sgonfiate si trova nella lotta al cancro. Dagli anni '80 a oggi, quasi settimanalmente, i mass media portano all'attenzione del pubblico una ricerca che promette grandi passi avanti. I passi ci sono stati (molto lo si deve alla prevenzione e alla chirurgia, più che al miglioramento terapeutico), ma, a onor del vero, molto limitati. Tantissime ricerche, singolarmente significative, si sono dimostrate strade poco fruttuose.
Per valutare una ricerca occorre distinguere fra:
a) ricerche leggere
:D ricerche pesanti.
Una ricerca è leggera quando in base a considerazioni di qualsivoglia natura è lecito dubitare che arrivi a stabilire la vera causa dei fenomeni, mentre è pesante quando definisce o si avvicina molto alle cause corrette.

Correlazione e causa

Per capire i limiti della ricerca dobbiamo capire la differenza fra correlazione e causa.
In ambito scientifico si parla spesso di significatività. Tale termina indica solo se due eventi sono correlati in misura maggiore di quanto si verifichi per puro caso. Per esempio è a tutti noto che perché una ricerca possa produrre risultati significativi il campione debba essere sufficientemente grande dal punto di vista numerico: nessuno cerca risultati "significativi" con campioni di 4-5 soggetti!
La statistica parla però di correlazione, noi invece siamo comunemente propensi a pensare a un nesso causale. Qual è la differenza?
Ecco un esempio che risale a F. Mosteller e J. Tukey (1977). Durante la seconda guerra mondiale si notò che i bombardamenti alleati in Europa risultavano tanto più precisi quanto maggiore era il numero di caccia nemici decollati per intercettarli e quanto più intensa era la reazione della contraerea. Tutto ciò sembrava molto assurdo perché in teoria doveva avvenire il contrario.
Tutto si spiega perché esiste correlazione (più contraerea più precisione!), ma non nesso causale (la maggior precisione non è dovuta alla contraerea!). Infatti quando il cielo era nuvoloso, i bombardieri avevano scarsa visibilità e per la stessa ragione la contraerea era minore. Le nuvole penalizzavano maggiormente i bombardieri rispetto alla contraerea, da qui la comunque maggior precisione con maggiore contraerea.
La confusione fra correlazione e nesso causale è spesso amplificata dai ricercatori stessi che dimenticano la natura statistica di ciò che hanno trovato e si proclamano "sicuri" di aver trovato la causa!

Una correlazione indica cosa è meritevole di ulteriore indagine per spingersi sempre più vicino a trovare la vera causa, ricordiamoci che non definisce nessuna implicazione di causa ed effetto.

Classico il discorso sui vegetariani: se uno studio rileva che i vegetariani vivono più a lungo di coloro che mangiano carne, non si può concludere nulla perché non si può sapere se ciò sia dovuto prioritariamente all’alimentazione o se sia il risultato di altre scelte derivanti dallo stile di vita.
Non è difficile scoprire che

(1) in genere correlazioni (fra A e :D trovate dalla ricerca sono prive di nesso causale quando A e B dipendono entrambi da un terzo fattore C.

Ecco un ultimo esempio. Una ricerca prende in esame un campione di giocatori di pallacanestro di un'università americana e una tribù di pigmei. Si studia la percentuale di chi ha un QI (quoziente d'intelligenza) sopra il valore soglia di X in relazione all'altezza. Esiste una correlazione fra altezza e QI positivo (cioè sopra X). Quindi sostituendo il concetto di correlazione con il concetto di causa, potrei assurdamente concludere che l'altezza favorisce l'intelligenza!!!
È evidente l'assurdità della cosa, ma molti non saprebbero spiegare chiaramente dove sta il trucco. Il trucco è che (come visto nella proposizione 1 soprariportata) sia l'altezza sia il maggiore quoziente d'intelligenza dipendono dall'appartenenza al primo campione; infatti la correlazione fra appartenenza all'università e QI positivo appare a tutti più logica e causale.

L'ambiguità: errore di correlazione


Alla luce di quanto detto, alla significatività che ricerca correlazioni (a volte molto buffe) preferisco sostituire il concetto di ambiguità.
Dalla (1) discende che

(2) se una ricerca vuole trovare che B è una delle cause di un evento A, è necessario che prenda in considerazione tutte le altre cause di A per evitare che scambi una correlazione per causa, cioè che B dipenda da una Ci (C1, C2, ...Cn sono le altre n cause di A). Ma ciò è praticamente impossibile perché si dà per scontata la certezza che si conoscano già tutte le cause di A tranne quella che ricerchiamo!

Una ricerca su A è pertanto più ambigua quanto meno si conoscono le cause del fenomeno che si sta studiando!
Dal punto di vista pratico - Vediamo di tradurre la (2) dal punto di vista pratico.
Per essere completamente definita una ricerca necessita di un numero infinito di parametri, cosa impossibile da realizzarsi. Il grave è che gran parte delle ricerche si limita a definire pochissimi parametri, mettendosi nelle migliori condizioni di trascurare altre possibili cause e quindi di ricadere nella (1).
Supponiamo che una ricerca determini che una patologia si verifica con una probabilità nettamente più alta in maschi sani superiori ai 50 anni d'età rispetto alla fascia d'età 30-40 anni. L'invecchiamento sembrerebbe pertanto la causa più importante della malattia.
Se voi avete 50 anni potreste preoccuparvi perché "aderite" al campione della ricerca che è stata condotta con la massima serietà. A questo punto però un vostro amico medico vi dice che la ricerca è del 1800 (ammesso che sia possibile) e ride delle vostre paure. Perché? Perché la malattia in questione è l'enfisema polmonare e voi non siete fumatore. Il vostro amico vi farà presente che una ricerca più recente ha dimostrato che in maschi sani non fumatori e non esposti a fumo passivo, la probabilità di ammalarsi di enfisema nella fascia d'età 50-60 è praticamente la stessa che nella fascia 30-40. È quindi il fumo la causa principale.
Le ricerche leggere lo sono proprio perché eccessivamente ambigue: sembra che abbiano tenuto in considerazione tutti i parametri più importanti mentre in realtà ne tralasciano di fondamentali.
Per esempio una ricerca è tanto più ambigua quanto il campione è generico. In quest'ottica hanno poco senso anche le ricerche condotte su migliaia di soggetti senza nessuna ulteriore specificazione.
La valutazione dell'ambiguità è quindi un'operazione che deve essere condotta nell'analisi di ogni ricerca. Devo chiedermi:

(3) potrei ottenere un risultato diverso specificando i parametri della ricerca in modo diverso?

Per parametri si intende il campione, le modalità, i tempi ecc., qualunque fattore che possa influenzare la correlazione trovata. Se la risposta è sì, il peso della ricerca crolla drammaticamente. È per questo motivo che bisogna prendere con le molle i risultati di ricerche che vengono diffuse solo per sommi capi.
Per esempio il solo termine "soggetto sano" è per molti scopi decisamente vago (vedasi esempio dell'enfisema), per altri potrebbe non esserlo. Altro esempio: le conclusioni di una ricerca condotta in parte su pazienti ospedalizzati (come quelle che analizzano il peso alla morte) non possono essere certo valide per pazienti sani. Non è nemmeno adattabile alla realtà una ricerca che lavora su tempi troppo brevi oppure una che opera con quantità troppo elevate o troppo modeste di una sostanza ecc.
Esercitatevi a scoprire l'ambiguità di gran parte delle ricerche, applicando la (3). Per aiutarvi, un ultimo esempio. Molte ricerche hanno sostenuto (nel senso che ne hanno visto un nesso causale) la correlazione fra i grassi saturi di origine animale degli insaccati e alcune forme di tumore all'apparato digerente. Come posso definire in modo diverso la ricerca? Per esempio, i ricercatori hanno preso in considerazione il fatto che la gran parte dei salumi contiene come conservanti nitriti e nitrati? No, perché lo screening era fatto su campioni generici della popolazione. Ecco quindi trovata l'ambiguità della ricerca. Recentemente si è scoperta infatti la correlazione fra tumore e consumo di nitriti/nitrati. Pertanto il nesso causale è più logico leggerlo come tumore-conservante che come tumore-insaccato!

L'interpretazione: errore di partigianeria

L'ambiguità non è però l'unica fonte di mancanza di nesso causale. Spesso un fenomeno può avere diverse interpretazioni: se fra le possibili interpretazioni scelgo quella sbagliata, la ricerca sarà sicuramente leggera.
Fra il 1550 e il 1650 in svariate località dell'Europa si ebbe il culmine dei processi di stregoneria (furono diverse centinaia) tant'è che è difficile credere che il solo fanatismo religioso fosse alla base di tali assurdi eventi. Il processo in sé non è che la manifestazione più drammatica dell'errore di interpretazione (errore di partigianeria): non sapendo che pesci pigliare di fronte a una persona "indemoniata", si dava una spiegazione mistica perché si era stupidamente certi che fosse quella reale. In particolari condizioni climatiche, la segale può essere attaccata dalla Claviceps purpurea i cui sclerozi contengono alcaloidi a effetto allucinogeno. Alcuni di questi alcaloidi hanno soprattutto effetti psicotici, altri producono una patologia più devastante, basata sull'effetto vasocostrittore. L'ovvio risultato del consumo di segale contaminata è un'apparenza da indemoniato o, più modernamente, da allucinato. Poiché la contaminazione è tipica dei climi freddi e umidi, ecco spiegati i numerosi casi di streghe nel nord della Francia, della Svizzera e della Germania. Fu solo cento anni dopo i processi (e le relative condanne!) che medici inglesi scoprirono la relazione fra streghe e segale contaminata, partendo dalla constatazione che l'Irlanda (dove l'alimentazione era a base di orzo piuttosto che di segale) era immune dal fenomeno della stregoneria.
Quindi per capire l'importanza di una ricerca,

verificate che non siano altre interpretazioni ai dati forniti.

In un certo senso la valutazione di una ricerca è, come in un giallo, scoprire l'assassino senza fermarsi alle prime apparenze.
Purtroppo i ricercatori sono spesso troppo inclini a prendere per buona l'interpretazione che "sentono" maggiormente loro, risultando simili a quei poliziotti poco zelanti ridicolizzati dal Poirot di turno, uno scienziato molto più distaccato e oggettivo.

I trucchi

I due precedenti problemi rientrano, se vogliamo, nella logica delle cose. Purtroppo non è infrequente che la ricerca sia sponsorizzata da motivazioni commerciali e/o di carriera. Accade che

si stiracchiano i risultati per arrivare alle conclusioni volute. Un mio professore mi diceva che ingrandendo sui grafici i punti sperimentali si dimostra qualunque cosa. Esempi classici sono il trucco delle percentuali relative o la lettura dei dati riguardanti le ricerche sul colesterolo.
Si generalizza arbitrariamente il campo della ricerca dando ai risultati una valenza diversa da quella che hanno. Per esempio si utilizza un dato positivo ("i grassi trans possono essere utilizzati dall'organismo a fini energetici") per dedurre arbitrariamente altre conseguenze errate ("i grassi trans non fanno male").
Si confondono tesi con ipotesi. Spesso si dà per vero ciò che è solo plausibile e si usa, mischiandolo al "vero" derivato da esperienze, per dedurre rapporti causali.
Di solito queste situazioni sono quasi sempre dovute a un utilizzo commerciale di ricerche scientifiche. Per scoprire questi trucchi è necessario porsi in posizione logicamente critica e farsi qualche domanda:

qual è il riscontro pratico della ricerca?
Le deduzioni sono arbitrarie?
Nelle deduzioni c'è qualcosa di verosimile, ma di non provato? In particolare, non è che la ricerca venda per certo ciò che è solo probabile o addirittura solo possibile?
I danni delle ricerche leggere

Il danno maggiore che provoca la propagazione di un'informazione legata a ricerche leggere è la costituzione dei cosiddetti elenchi di ricerche a supporto di una tesi. Così facendo si pensa di dare credibilità definitiva, dimenticando che TUTTE le ricerche leggere dell'elenco sono solo un punto di partenza.
È abbastanza facile poi comporre elenchi di ricerche favorevoli, magari dimenticando quelle contrarie. Caso tipico è rappresentato dal gamma orizanolo. La ricerca di Fry ha evidenziato i limiti della sostanza, ma se ci si limitasse a stilare un elenco di ricerche precedenti sembrerebbe la panacea di tutti i mali. Per capire la limitazione degli elenchi di ricerche basta sapere che una ricerca leggera fa il giro del mondo: in breve tempo in decine di altri centri di ricerca si tenta di ripetere l'esperienza. Se il tutto funziona, in un anno escono centinaia di lavori concordi e la ricerca diventa scienza. Se non funziona tutto torna nel dimenticatoio (salvo l'uscita di qualche altra ricerca leggera che tenta di tenere in vita il tutto); purtroppo però la ricerca leggera continua a circolare e a mietere vittime fra quelle che non conoscono certi meccanismi. Vediamo un semplice esempio.
Studio la sostanza A e mi pongo come ipotesi che "la sostanza A assunta per dieci giorni sia in grado di modificare il lancio di una moneta effettuata dal soggetto che la assume". Eseguo l'esperimento con cura: a 50 pazienti somministro A e ad altri 50 somministro un placebo. Dopo dieci giorni effettuo la prova. Nel gruppo A ottengo 31 teste, mentre nel gruppo placebo ottengo 20 teste. Concludo che A influenza il lancio favorendo "testa".
"Conclusione assurda", direte voi, perché basta replicare la ricerca e si vedrebbe che non è affatto vero, anzi magari, concordemente con le leggi della statistica, A favorirebbe "croce". Certo, con un esempio così logicamente assurdo il trucco appare chiaro. Ma supponiamo che invece del lancio della moneta la tesi sia che "A favorisce il dimagramento". Se il secondo esperimento condotto in un altro laboratorio non dà nessun esito (A cioè non funziona), ma nel mio elenco continua a comparire solo il primo, ecco che circolerà, con immenso danno, una bufala.


2) Identifica una sostanza (anche i carboidrati andavano bene quando si è partiti con questa filosofia: oggi ci vogliono nomi e sostanze sempre più sofisticate) che può essere somministrata come integratore e che partecipa ai processi energetici.
3) Trova ricerche scientifiche che coinvolgono positivamente questa sostanza.
4) Confeziona la campagna pubblicitaria.
Praticamente l'approccio poi non funziona perché:
a) i processi energetici sono come una sinfonia suonata da un'orchestra: cambiare un orchestrale (e sono centinaia), anche se importante (per esempio, il primo violino), non modifica più di tanto la qualità dell'orchestra. Se è un'orchestra di serie C è inutile inserire un orchestrale di serie A, la cui bravura e talento sono tarpati dalle inefficienze dei compagni. Nel caso del NADH basta ricordare che gli elettroni trasportati dal NADH sono passati in enormi quantità al coenzima Q: già sapendo questo, tutti capiscono che se manca il coenzima Q è inutile avere vagonate di NADH. L'approccio fuorviante delle campagne pubblicitarie è proprio questo: si vuol far credere che i processi energetici dipendano da una sola sostanza e non si ha il coraggio di dire che in realtà dipendono da decine di sostanze TUTTE importanti e fondamentali e che nessuna può sostituirsi a quelle che mancano.
:( I risultati della ricerca scientifica devono essere attentamente considerati. Molto spesso si usano nella ricerca quantità che poi nell'integrazione non sono sostenibili per problemi di costo. Si legga l'articolo sui limiti della ricerca.
Ritornando alla campagna sul NADH, vediamo in dettaglio cosa non va.
1) Il NADH viene presentato come una nuova scoperta. In realtà ciò che c'è di nuovo è il brevetto della procedura che ottiene una forma stabilizzata della sostanza.
2) Si vuol far credere che più NADH si ha a disposizione più la cellula è in grado di produrre energia. Se ciò fosse vero, anziché 5 mg di NADH, basterebbe prenderne 50 mg e si avrebbe l'energia decuplicata.
3) Si fa riferimento a studi clinici senza quantizzare i risultati. Rimando sempre all'articolo sui limiti della ricerca.
4) Si cita l'azione positiva sulla depressione. Non auguro a chi ha scritto l'articolo di essere depresso o di avere vicino a sé persone che soffrono realmente di depressione. La ricerca scientifica è ancora abbastanza impotente di fronte a questa malattia ed è triste illudere le persone che ne soffrono di migliorare la loro situazione prendendo un energetico.
5) Anche altre affermazioni, come il rafforzamento del sistema immunitario, fanno parte di ricerche cliniche i cui risultati sono stati amplificati, una volta fuori dall'ambito scientifico per motivi commerciali. A tale proposito ricordo l'aneddoto dell'oncologo.
Anni fa un mio amico oncologo mi si presentò raggiante: finalmente la sua ricerca aveva dato buoni frutti e gli avrebbero pubblicato su una prestigiosa rivista un articolo riguardante un suo protocollo anticancro che "rallentava la malattia". Era talmente euforico che mi mostrò un grafico e me lo commentò: "Vedi, prima del mio protocollo la vita media dei pazienti terminali del mio reparto era di 18 giorni, dopo era di BEN 32 giorni!".
Morale: un "commerciale" o un "giornalista" avrebbero titolato "Scoperta nuova cura che rallenta il cancro!"

Le ricerche fasulle


Dal Corriere della Sera, 15/7/2005


Uno studio su tre smentito da altre ricerche



Rivisti i risultati di lavori scientifici pubblicati dal 1990 al 2003 Tra le delusioni: gli ormoni post-menopausa e la vitamina E



Ordini e contrordini, così vanno le cose in medicina e quel farmaco, che fino a un momento prima faceva bene, ora fa male o quantomeno non è più così efficace.

Uno studio pubblicato questa settimana su Jama( Journal of the American Medical Association), la rivista dell’Associazione dei medici americani, dimostra che almeno un terzo delle ricerche, su terapie farmacologiche e non, vengono successivamente smentite o ridimensionate. Un esempio: milioni di donne in menopausa hanno assunto ormoni per prevenire le malattie di cuore. Poi la ritrattazione: non solo la terapia sostitutiva non riduce il rischio cardiaco, ma può aumentare quello di tumore.

L’analisi ha preso in esame una serie di lavori pubblicati fra il 1990 e il 2003, compresi 45 studi che inizialmente documentavano l’efficacia di una cura. Ricerche successive, in una sorta di revisionismo terapeutico, hanno ribaltato i dati di sette studi e hanno ridimensionato i risultati di altri sette.

«Non è inusuale che anche gli studi migliori e più citati, pubblicati su riviste prestigiose, portino a conclusioni contraddittorie e a volte esagerate » ha commentato l’autore dell’indagine, John Ioannidis, dell’Università greca di Ioannina. Le riviste in questione sono l’inglese Lancet e le americane Jama e New England, le più diffuse al mondo, da cui i media attingono a piene mani per trasmettere notizie a un pubblico assetato di informazione sulla salute, ma sempre più disorientato di fronte a messaggi contrastanti. Ma da dove hanno origine tutte queste contraddizioni? «A volte è un problema di protocollo di studio — commenta Pier Mannuccio Mannucci, clinico medico ed ematologo alla Fondazione Ospedale Maggiore di Milano —. Prendiamo la terapia sostitutiva in menopausa: i primi dati di uno studio di coorte (in cui cioè si osserva nel tempo un gruppo di persone sottoposte a terapia, ndr) avevano evidenziato alcuni benefici, plausibili da un punto di vista biologico, dal momento che con la menopausa viene meno l’effetto protettivo degli ormoni naturali sul cuore. Quando poi sono stati condotti studi controllati (in cui c’è un gruppo che assume la terapia e un altro di controllo che assume placebo, ndr) è venuta fuori la verità: nessun vantaggio, anzi, qualche rischio». Più o meno per lo stesso motivo, l’ossido di azoto si è rivelato inefficace nel ridurre la mortalità in persone con insufficienza respiratoria e una promettente cura con anticorpi contro la setticemia non ha retto a verifiche approfondite. C’è poi il fattore «industria »: a volte quello che ricerche sponsorizzate dalle case farmaceutiche dimostrano (o non dimostrano) viene poi contraddetto da lavori indipendenti. «I contraccettivi di III generazione — continua Mannucci — aumentano lievemente il rischio di trombosi rispetto a quelli di II, rischio che non era emerso da studi sponsorizzati ».

La lista dei casi citati da Ioannidis comprende anche quello della vitamina E nella prevenzione dell’infarto e della posizione migliore per un paziente con trauma.
«La vitamina E — dice Mannucci —, che sembrava efficace nel ridurre il rischio cardiovascolare, non ha retto alla verifica su ampia scala. Per ottenere risultati il più possibile veritieri bisogna spesso lavorare su grandi casistiche».

Ma il problema non riguarda soltanto i farmaci. «Spesso vengono ridimensionate o abbandonate anche terapie che prevedono l’uso di apparecchiature — commenta Pasquale Spinelli, oncologo all’Istituto Tumori di Milano —: un esempio è quello della crioterapia per la cura dei tumori. Sono state comperate centinaia di macchine che poi sono finite in soffitta».



Adriana Bazzi

Risultato,se si sommano gli impreparati,gli spregiudicati,i truffatori,i venditori di fumo negli occhi,ecc.stiamo proprio messi mali.Più li conosco e più li evito certi medici.E vai coi Telethon vari,evviva la brava gente.

Messaggio modificato da romy, 28 dicembre 2008 - 22:45:58

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Iosto'conChiara

 

Quando le voci in te parlano di fine;

quando la mente dice che hai perduto;

quando credi che sia impossibile;

eppure prosegui,ti sollevi sulla tua Spada;

e fai ancora un altro passo;

Lì è dove termina l'Uomo;

Lì è dove comincia Dio.

 

Mentre si aspettano future ricerche è importante per prima cosa non
nuocere.

Non è vero che i giorni di pioggia sono i più brutti, sono gli unici in cui puoi camminare a testa alta anche se stai piangendo.

 

"Nessun Medico può dire che una malattia é Incurabile.
Affermarlo é come offendere Dio, la Natura e disprezzare il Creato.
Non esiste malattia, per quanto terribile possa essere,
per la quale Dio non abbia una cura corrispondente
".
                                                                                              Paracelso

 

“Questa realtà è solo un sogno di cui siamo convinti!”

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Mio collegamento

Per quanto riguarda l'ipotesi che la CFS possa essere una forma di Depressione Mentale,tutti gli studi hanno contraddetto tale approccio.Per citare un solo ma importante rilievo clinico:i livelli di Cortisolo sono molto bassi nella CFS,al contrario di quelli alterati verso l'alto della Sindrome Depressiva.


Allora, se capiamo che siamo responsabili di ciò che viviamo, già questo cambia del tutto la visione delle cose.

 

Livello anormalmente alto o basso di cAMP causa difetti di apprendimento e di capacità di memoria,in generale.

Sul cAMP ci sarebbero molte cose da dire al fine di una buona memoria e cognitività,forse lo faro' un giorno sul mio topic,tempo permettendo,ora voglio solo ripetere una verità a cui sono arrivato da qualche anno,aumentare il cAmp nei giovani comporta un miglior apprendimento e memoria,accade l'inverso nelle persone adulte o anziane.Quindi il cervello dei giovani si comporta all'opposto dei cervelli dei vecchi ed anziani questo avviene anche negli animali da laboratorio,questo spiega anche tutta la diatriba sulla Cannabis terapeutica..........negativa nei giovani un toccasana negli anziani,perchè comporta una diminuzione,appunto,del cAmp e quindi potenzia la comunicazione tra neuroni e quindi la memoria,apprendimento e cognitività,mal ridotti nella CFS/ME,fibromialgia,MCS,MBS,ed altre......

 

https://www.youtube....h?v=ICjFAa2ZbIY

 

 

 

 

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