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Malattie rare: come e dove curarle


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Inviato 28 febbraio 2006 - 00:57:51

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Malattie rare: come e dove curarle

di Edoardo Stucchi - 22 febbraio 2006 -

Non decolla la rete nazionale: ora si corre ai ripari. Ogni Regione ha seguito criteri diversi per determinare i centri specialistici . La regionalizzazione della Sanità ha inciso anche nel settore delle malattie rare. Un decreto, il 279 del 2001, doveva mettere ordine nella materia con la creazione di una rete «interregionale» di Centri per le malattie rare; in realtà sono andate definendosi tante reti «regionali», per di più disomogenee. E a farne le spese è, ancora un volta, l’assistito. Un assistito che a tutt’oggi non sa con chiarezza a chi può rivolgersi e gira da un ospedale all’altro alla ricerca di chi sia in grado di dirgli che malattia ha e come può curarla.
■ Gli ospedali accreditati regione per regione
■ Come comportarsi quando c'è il sospetto di una malattia rara
■ Link utili: Iss
■ Link utili: orphanet
E anche quando la diagnosi è accertata, non è detto che il malato ottenga tutte le medicine gratuitamente, perché le Regioni decidono autonomamente sulla disponibilità dei prodotti di fascia C, a volte necessari per pazienti, e di quelli non ancora registrati in Italia. Per di più, risulta bloccato e incompleto il Registro nazionale che avrebbe dovuto «raccogliere» tutti i Centri di riferimento regionali per le malattie rare. Campania e Abruzzo, infatti, non hanno ancora deciso quali saranno le rispettive strutture deputate. E le altre Regioni che hanno stabilito quali sono gli ospedali designati, lo hanno fatto con criteri differenti. Così, mentre otto Regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Sardegna, Sicilia, Basilicata, Calabria, Marche e Molise) hanno individuato le strutture senza distinzioni per specifiche patologie, le altre hanno differenziato le competenze.
La Lombardia ha anche scelto il Centro regionale di riferimento: il «Mario Negri» di Ranica (Bergamo). Il Veneto, dal canto suo, ha creato un’«area allargata» insieme con il Friuli Venezia Giulia e le Province di Trento e Bolzano. Qualcosa però si sta muovendo. Mercoledì scorso, 15 febbraio, alla luce di una recente «sollecitazione» del Consiglio di Stato (per la incompleta applicazione da parte del Ministero della salute del decreto 279 del 2001) all’Istituto superiore di sanità (Iss) è stata costituita una «task force» - con le Regioni e il Ministero - per armonizzare le reti dei servizi. «Dopo la raccomandazione del Consiglio di Stato - spiega Domenica Taruscio, responsabile della Direzione malattie rare dell’Iss - le Regioni dovranno fornire i dati sulle malattie rare al nostro Istituto, per consentire di realizzare compiutamente il Registro nazionale, strumento che ci permetterà di intervenire per offrire a tutti i malati le stesse opportunità». Sembra, dunque, che si sia fatto un passo avanti, ma non mancano le critiche. «I disagi dei cittadini - dice Renza Galluppi, presidente di Uniamo, la federazione delle associazioni dei malati - non si risolvono con leggi o decreti, ma aumentando la circolazione delle informazioni ai vari livelli: dal medico di base, ai laboratori, alle Asl». Anche il professor Bruno Dallapiccola, genetista e rappresentante per l’Italia della rete Orphanet, istituzione europea che coordina quanto si fa per le malattie rare, è critico verso l’attuale organizzazione italiana. «In cinque anni, - dice - non ha prodotto nulla di nuovo e di utile per il malato, mentre bastava seguire l’esperienza francese, che ha saputo realizzare una rete efficace ed efficiente». Per Paola Facchin, dirigente sanitaria del Veneto, il lavoro compiuto finora, invece, non è inutile. «Anche se con criteri diversi, le Regioni - ribatte - hanno comunque censito i Centri che si occupano di malattie rare. Ora potranno rivedere gli elenchi criticamente, scartando le "autocandidature" di quelle strutture che saranno giudicate carenti».

Cliccate qui sopra per trovare i link cliccabili segnalati nel testo:
http://www.corriere....re_190206.shtml
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