di Marilena Castellani - Assaggiatore di Oli d'Oliva
(iscritta all'elenco degli esperti e tecnici assaggiatori
presso la Regione Umbria e presso il Ministero delle politiche agricole e forestali)
COSA CONTIENE
Cominciamo col capire cosa contiene l’olio extra vergine d’oliva.
Per il 98 % è composto di trigliceridi (acidi grassi e glicerina). Gli acidi grassi rendendo tutti gli accorgimenti affinché i frutti rimangano integri e non si schiaccino e in modo da evitare che particelle di terreno si mescolino al raccolto. La raccolta si può effettuare tradizionalmente a mano (con l’aiuto di pettini e altri attrezzi) o in maniera più innovativa con mezzi meccanici come “scuotitori”, “vibratori” e “macchine agevolatrici” che distaccano il frutti dalla chioma, lasciandoli cadere su reti sollevate da terra.
Una volta raccolte, le olive vanno stoccate in cassette traforate in strati bassi, e tenute in luoghi freschi ed areati, in modo che non si riscaldino, e poi portate al frantoio per la lavorazione (molitura) che deve avvenire al più presto, preferibilmente entro 12 ore. Maggiori tempi di attesa prima della molitura comporterebbero l’insorgenza di vari difetti nell’olio, sia organolettici che analitici.
tratto da http://www.olio.lungarotti.biz Museo dell'olivo e dell'olio – Fondazione Lungarotti - Torgiano.Una volta arrivate al frantoio, le olive vengono defogliante e lavate di ogni impurità per poi passare alla trasformazione vera e propria.
I processi di trasformazione possono essere diversi: il sistema tradizionale a pressa, il sistema continuo per centrifugazione, e il metodo sinolea®.
Il sistema tradizionale comporta una frantumazione delle olive effettuata dalle macine in pietra, per ottenere la pasta che poi viene stratificata sui fiscoli che vengono intervallati a strati nella pressa, dalla quale ad elevate pressioni esce l’olio mescolato all’acqua di vegetazione; questo viene convogliato al separatore, che per forza centrifuga separa l’olio dall’acqua.
Il sistema continuo invece prevede la frantumazione delle olive con frangitori meccanici, la pasta ottenuta viene convogliata nelle gramole che la rimescolano lentamente a temperatura controllata (intorno ai 27°C) per un tempo variabile per favorire l’aggregazione delle particelle di olio. La pasta gramolata (a volte addizionata di una minima quantità di acqua) viene convogliata al decanter, una centrifuga orizzontale che fa una prima separazione da cui si ottiene sansa, acqua di vegetazione e olio. Acqua ed olio vengono poi di nuovo centrifugati nei separatori (centrifughe verticali) per ottenere l’olio pulito da tutte le impurità.
Il metodo sinolea® è un particolare sistema di estrazione da cui si ottiene l’olio in parte per percolamento (sgocciolamento naturale a freddo) dalle paste, e in minima parte in maniera meccanica attraverso un impianto di tipo continuo.
UTILIZZO E CONSERVAZIONE
Fin qui abbiamo capito che il nome che gli viene anche attribuito, l’”oro”, è pienamente meritato, anche perché è un prezioso frutto delle fatiche della terra, un gustoso ingrediente della nostra cucina, un costoso alimento che fa parte della nostra spesa, e che per chi ne avesse la possibilità e la fortuna, sarebbe meglio acquistarlo direttamente nel frantoio dove viene prodotto.
Purtroppo però le qualità dell’olio di oliva non sono costanti nel tempo, come ci insegna anche la cultura contadina con i suoi detti: “olio nuovo e vino vecchio!”.
L’olio va consumato sempre entro un anno da quando è stato prodotto.
Quindi impariamo anche come dovremmo conservarlo.
Tutte le sostanze antiossidanti e gli acidi grassi sono termolabili, fotosensibili e soggette a stress ossidativi; sarà quindi importante conservare l’olio in contenitori di vetro scuro o di acciaio inox, sempre colmi per non permettere all’ossigeno contenuto nell’aria di ossidarlo creando radicali liberi, e mantenerlo sempre ad una temperatura inferiore ai 20° C e superiore alla temperatura di congelamento (solidificazione dei grassi); ed eventualmente si creassero dei depositi semisolidi (morchia) sul fondo dei contenitori è opportuno effettuare un travaso in modo da allontanarli per non permettere che cedano sapori e odori sgradevoli.
Inoltre è importante sapere che qualsiasi olio cambia le sue caratteristiche chimiche durante la cottura generando, ad alte temperature, composti dannosi all’organismo soprattutto per il fegato; quindi, malgrado l’olio d’oliva abbia, assieme a quello di arachide e di palma, un punto di fumo molto alto, è quanto più raccomandabile non sottoporlo a cotture prolungate (fritture e soffritti) soprattutto a temperature molto elevate (superiori ai 180° C).
CLASSIFICAZIONE
Altro aspetto da non sottovalutare è la classificazione degli oli di oliva.
In Italia malgrado le leggi siano abbondanti in materia, non si è ancora arrivati ad una etichettatura del prodotto che permetta di individuare chiaramente se un olio è nazionale o meno, e di capire in maniera semplice per tutti e univoca quale è la qualità dell’olio contenuto nelle bottiglie in commercio.
In commercio troviamo le seguenti categorie:
• olio di sansa di oliva: olio ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato (estratto per mezzo di solventi chimici con processi industriali di raffinazione degli scarti “sanse” della produzione primaria dell’olio nei frantoi) e olio di oliva vergine, la qualità più scadente che si trova in commercio;
• olio di oliva: olio contenente esclusivamente oli di oliva che hanno subito un processo di raffinazione e oli ottenuti direttamente dalle olive (olio di oliva vergine), con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g. È il risultato della miscelazione tra un olio rettificato, che ha cioè subito un processo chimico volto all’eliminazione dei difetti chimici ed organolettici, e un olio vergine. La legislazione non stabilisce un quantitativo minimo di olio vergine che deve rientrare nella miscela; solitamente è una percentuale minima, quel tanto che basta per ridare colore, odore e sapore all’olio che risulta nel complesso abbastanza ‘piatto’.
• olio di oliva vergine: olio d’oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 2 g per 100 g.
• olio di oliva extravergine: olio di oliva di categoria superiore, ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici, la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per 100 g, per essere tale deve inoltre essere esente da qualsiasi difetto organolettico.
• olio di oliva extravergine Biologico: caratteristiche di cui sopra ma ottenuto secondo il sistema di agricoltura biologica, nel rispetto del relativo disciplinare.
• olio di oliva extravergine D.O.P.: oltre a rispondere alla definizione di extravergine, ha caratteristiche conformi al disciplinare della “Denominazione di Origine Protetta” della zona della Regione Italiana nella quale è stato prodotto. Ha dati analitici più restrittivi rispetto al comune olio extra vergine, e deve essere giudicato per le sue qualità sensoriali, privo di difetti e con un punteggio minimo superiore a quello minimo stabilito per l’olio extravergine di oliva, da un Panel di tecnici esperti assaggiatori di oli d’oliva (composto da un Capo Panel e da almeno 8 esperti).
Si comprende bene quindi come sia importante, per apprezzare a pieno le qualità organolettiche dell’olio e sfruttare al massimo i suoi i principi salutistici, scegliere preferibilmente dell’olio extravergine d’oliva come standard qualitativo, e non scendere al di sotto di questa categoria, prediligendo gli oli italiani.
tratto da http://www.olivicolt...htmDEGUSTAZIONE
Ed ora passiamo in rassegna i 3 sensi coinvolti dall’assaggio dell’olio: vista, olfatto e gusto.
Può sembrare strano, ma l’esame visivo non è così determinante per giudicare la qualità di un olio extravergine di oliva, e per individuare i suoi pregi ed eventuali difetti. Nei Panel di assaggio ufficiali infatti si usano appositamente dei bicchierini colorati (marrone ruggine o blu cobalto) per non essere influenzati da questo senso. Le sfumature di colore ammissibili degli oli che possiamo trovare vanno comunque dal giallo al verde intenso; si può analizzare la limpidezza o la velatura dell’olio (che in ogni caso non è un difetto, ma piuttosto una peculiarità data dal metodo di estrazione, dalla filtrazione e dall’età dell’olio) ed infine la densità.
Per quanto riguarda l’olfatto, la tecnica d’assaggio prevede che si riscaldi tra le mani un bicchierino con una piccola quantità di olio, e tenendolo coperto per qualche minuto, lo si agita delicatamente in modo da far sprigionare tutti i suoi odori. A questo punto si avvicina il bicchierino al naso e si inspira profondamente cercando di percepire e valutare tutti gli odori, e dopo qualche istante si ripete l’operazione per conferma.
Dopodiché si passa al gusto, portando il bicchiere alla bocca e prendendo un piccolo sorso di olio che dovrà essere passato con la lingua in tutto il cavo orale in modo da riscaldarlo e diffonderlo a tutte le papille gustative della lingua, per poi aspirare a denti stretti poca aria, varie volte, per portare piccolissime gocce di olio e aria piena di sostanze aromatiche dalla bocca giù per la gola nella parte terminale della lingua. A questo punto, l’olio che non deve essere deglutito, verrà espulso. In questo modo si possono sentire oltre ai gusti (amaro, dolce, piccante, ecc.) anche delle sensazioni “tattili” come la fluidità, la consistenza, l’untuosità, e l’astringenza.
A questo punto avremo un profilo completo dell’olio.
I principali pregi di un olio sono: fruttato (di oliva), amaro, piccante; vengono poi: erbaceo, dolce, verde (foglia), mela, mandorla, pomodoro, carciofo, e altri minori.
Tra i difetti troviamo: avvinato-inacetito, riscaldo, morchia, muffa-umidità, rancido, e poi anche metallico, acqua di vegetazione, fieno-legno, salamoia, terra, verme, cotto-stracotto, ecc…
Messaggio modificato da lella77, 27 gennaio 2008 - 16:03:18