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CFS - descrizione della sindrome e ipotesi


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Inviato 22 agosto 2006 - 17:42:08

La sindrome da fatica cronica

L'impegno della ricerca

Come identificare sintomi sospetti?

Un'eziologia multifattoriale?

* Lipotesi immunitaria
* L'ipotesi tossinfettiva.
* Lipotesi carenziale
* L'ipotesi metabolica.

Le opzioni terapeutiche

Il "caso" ciguatera

La sindrome del Golfo

Le nuove frontiere della ricerca

Centri di riferimento per la CFS

La Sindrome da fatica cronica (CFS) è una patologia debilitante caratterizzata da profonda stanchezza o fatica o sfiancamento, senza che alcuna malattia conosciuta venga individuata come responsabile, e la cui causa, meccanismo di insorgenza e trattamento, stimolano un intenso dibattito nella comunità medico-scientifica, e non solo, ma anche nei media, tra i pazienti e i loro familiari.
Proprio a causa di queste peculiari caratteristiche, la CFS viene abitualmente diagnosticata per esclusione. Chi ne è affetto può sentirsi esausto anche soltanto dopo una leggera attività fisica e comunque non vi è correlazione alcuna tra intensità dell'esercizio fisico e sfiancamento susseguente. Oltre al senso di fatica i pazienti riferiscono in genere sintomi non specifici, tra i quali astenia generalizzata, malessere, febbricola, mal di gola, dolenzia ed eventualmente modesto ingrossamento linfoghiandolare, disturbi della memoria e della concentrazione, aumento dell'irritabilità, insonnia e depressione, dolori ai muscoli e alle articolazioni.
La CFS può persistere per molti anni, anche se in un certo numero di pazienti si assiste a un miglioramento dei sintomi, spontaneo o conseguente ai trattamenti medici instaurati.
Nonostante le controversie attuali nel mondo medico-scientifico, addirittura sulla reale esistenza della CFS, l'Organizzazione mondiale della Sanità ha descritto, nella sua decima classificazione internazionale delle malattie del 1992, una sindrome sovrapponibile alla CFS con la dizione "sindrome da fatica post-virale ed encefalomielite mialgica benigna". Anche se può sembrare superfluo, ma considerando la superficialità con la quale da molti viene descritta e riferita questa sindrome, vale la pena ricordare che la CFS non ha niente a che fare con la fisiologica stanchezza alla quale tutte le persone vanno più o meno frequentemente incontro durante la giornata, il mese o l'anno. Così pure la CFS non va assolutamente confusa né con lo stress né con la depressione. Spesso i pazienti con CFS sono persone adulte in precedente perfetta salute che improvvisamente sono diventate disabili sia dal punto di vista fisico che mentale.
La causa della CFS non è stata ancora identificata, ma certo emerge sempre più chiaramente che la CFS contiene patologie di diversa natura eziopatogenetica, per esempio post-infettiva o post-intossicazione, ed è associata ad alterazioni neuroendocrinologiche o muscolari che ne sostengono i sintomi.
Non è disponibile ancora alcun test diagnostico specifico, che evidentemente risolverebbe molti dei problemi attuali. Va dunque ricordato a questo proposito che altre malattie, per esempio la depressione o la sindrome ansiosa o l'influenza, per nominare le più frequenti, non hanno test diagnostici specifici e spesso gli esami o le indagini radiologiche o quant'altro sono del tutto nella normalità.
Va tenuto presente però che un marcato affaticamento può essere associato con molte malattie ben definite, come i tumori, le patologie autoimmuni, le disfunzioni ormonali e le infezioni. Dal momento che molti di questi processi patologici possono essere suscettibili di efficace trattamento e possono essere potenzialmente mortali, devono ovviamente essere escluse prima di poter fare diagnosi di CFS. Questo d'altra parte, come già sottolineato, è uno dei due criteri principali per porre diagnosi di CFS.

L'impegno della ricerca

Sebbene la diagnosi possa essere fatta solo per esclusione, la CFS è una condizione clinica reale, le sue cause e il suo trattamento sono oggetto di intensa ricerca da molti gruppi di studiosi nel mondo, specialmente negli Usa, in Australia, in Nuova Zelanda e in Gran Bretagna. Relazioni sulla CFS sono state presentate a incontri specifici e pubblicate su importanti riviste scientifiche. Sono stati organizzati negli ultimi anni congressi scientifici ai quali hanno preso parte ricercatori di prestigiose università sia americane che europee, quali il Meeting di Aviano del 10 settembre 1993 e il 1° Meeting internazionale europeo sulla CFS di Dublino del maggio 1994. Al convegno di Aviano hanno partecipato, per esempio, Jay Levy, professore all'Università di California a San Francisco, illustre immunologo e virologo, che è stato tra i primi a isolare il virus dell'Aids, Anthony Komaroff, dell'Università di Harvard a Boston, e il dottor Keiji Fukuda, responsabile della ricerca sulla CFS ai CDC di Atlanta. Questi ultimi, che si occupano dello studio delle malattie, in particolare dal punto di vista epidemiologico, hanno da tempo istituito - con fondi provenienti direttamente dal governo americano (che finanzia così solo l'Aids e la sindrome di Lyme) –, un ufficio sulla CFS con personale e progetti speciali.
Tuttavia le informazioni in nostro possesso sono ancora poche e molti dei risultati sono preliminari. Inoltre, notizie non corrette e prive di qualsiasi fondamento scientifico sulla CFS provenienti alle volte da ciarlatani, hanno creato confusione tra i pazienti e i medici, oltre che nell'opinione pubblica.
Si sono costituite anche molte associazioni di pazienti, negli Stati Uniti in particolare, dove grazie ai fondi così raccolti stanno supportando in maniera significativa la ricerca su questa sindrome. Va ancora sottolineato che in quel paese la ricerca sulla CFS è finanziata direttamente dal governo. Anche in Italia si è costituita la CFS Associazione Italiana già dal 1992, ma non esiste alcun supporto governativo da parte delle tradizionali agenzie di ricerca italiane per l'approfondimento di questa sindrome.
Lo scopo finale è infatti quello di rendere meno disagevole per i malati e i loro familiari questa malattia così debilitante e ancora sconosciuta nel nostro Paese.

Come identificare sintomi sospetti?
LA CFS viene di solito diagnosticata in seguito a una storia di una sindrome suggestiva di CFS, e attraverso l'esclusione sistematica di altre malattie.
Un paziente deve accusare una grave stanchezza da un tempo minimo di 6 mesi, non causata da altre malattie conosciute.
Attualmente un gruppo di studio internazionale coordinato dal dottor Fukuda (comprendente ricercatori provenienti da Stati Uniti, Australia, Svezia, Olanda e Italia), al quale ho partecipato personalmente, ha redatto una nuova definizione di CFS che è stata pubblicata sugli Annals of Internal Medicine del dicembre 1994. Sostanzialmente con questa nuova definizione si cercherà di rendere più semplice l'attuale definizione dei CDC e di permettere la diagnosi di CFS anche in presenza di depressione.

Un'eziologia multifattoriale?
La causa della CFS non è ancora stata identificata, ma esistono varie teorie. L'ipotesi virale. Si basa sul fatto che all'esordio della CFS vi è spesso una infezione virale, per esempio una sindrome influenzale, varicella, rosolia, mononucleosi, infezione da citomegalovirus, epatite virale ecc. Vi è anche la possibilità che un singolo agente infettivo, non ancora identificato, provochi di per sé la CFS, anche se quest'ipotesi gode oggi di poco credito tra i ricercatori. Mentre alcuni virus, come per esempio il virus di Epstein Barr (EBV), occasionalmente provocano un'infezione cronica che esita in una stanchezza persistente, non si conosce oggi alcun virus che sia la causa della CFS.
Rimanendo nell'ambito delle ipotesi virali, si pensa che un virus già conosciuto possa attivare cronicamente il sistema immunitario. Come risultato, persisteranno in circolo tassi elevati di fattori immunoattivanti, alcuni dei quali sono in grado, a dosaggi elevati, di provocare stanchezza.
Andando più nel dettaglio, di solito, anche se non sempre, la CFS compare dopo un evento precipitante quale una malattia simil-influenzale oppure un'influenza tipica, una gastroenterite, una miocardite, una varicella ecc.
Un recentissimo e importante studio sulla mononucleosi infettiva ha evidenziato che la malattia può evolvere verso la CFS con una certa frequenza. Su oltre 150 pazienti con mononucleosi infettiva acuta seguiti nel tempo dal momento della diagnosi, si è riscontrato che dopo 6 mesi circa nel 10% dei casi persistevano sintomi suggestivi di CFS, secondo i criteri dei CDC di Atlanta. Comunque non è escluso che intervengano fattori predisponenti, in particolare stimoli comportamentali o familiari.

L'ipotesi immunitaria.
La CFS non sarebbe altro che una disregolazione immunitaria in risposta a uno stimolo che potrebbe essere infettivo ma anche di altra natura. Numerose anomalie immunologiche aspecifiche sono state infatti descritte nella CFS: alterazioni dell'immunità cellulo-mediata, in particolare con variazioni del numero e della funzionalità delle cellule natural killer, ipogammaglobulinemia parziale, elevati livelli di immunocomplessi circolanti, elevati livelli di anticorpi virus specifici e di autoanticorpi circolanti. Anche per questa ragione negli Stati Uniti le associazioni di pazienti invece di CFS usano la terminologia CFIDS, Chronic Fatigue Immunedisfunction Syndrome o sindrome da stanchezza cronica e da disfunzione immunitaria. Altre teorie sulle cause della CFS propongono disturbi del sistema endocrino e della sfera psicologica quali fattori determinanti nel provocare la CFS.

L'ipotesi tossinfettiva.

È emerso recentemente per la prima volta che la CFS può essere provocata da un'intossicazione alimentare causata da un pesce chiamato ciguatera. Questi dati sono stati riferiti dal professor Pearn del Royal Children Hospital di Brisbane in Australia. Lo stesso ricercatore ha riportato che un virus responsabile della poliartrite epidemica, scoperto nel 1979 nel Queensland, e implicato anche nella Ross-River-Fever, è oggi riconosciuto essere un'importante causa di CFS in molte parti del mondo tropicale e subtropicale.

L'ipotesi carenziale.
I ricercatori giapponesi provenienti dall'Università di Osaka hanno recentemente riportato dati riguardanti una possibile correlazione tra CFS e deficit di acilcarnitina. Uno studio condotto su settantatré pazienti con CFS e 308 volontari per valutare la concentrazione di carnitina e acilcarnitina nel siero ha evidenziato un calo significativo della prima nel gruppo di pazienti affetti da CFS. Dato che i livelli di acilcarnitina sono risultati normali nei pazienti senza CFS, ma allettati in seguito a fratture ossee, il calo osservato nei soggetti con CFS non poteva dipendere dalla diminuzione dell'attività giornaliera. L'ipotesi del gruppo giapponese è che, indipendentemente dai fattori eziologici coinvolti nella malattia, il processo patogenetico possa portare alla comparsa di disfunzioni metaboliche che includono anomalie del metabolismo della carnitina, responsabili della fatica generalizzata, dei dolori e della debolezza muscolari, della pessima tolleranza allo sforzo anche minimo e dei disturbi neuropsicologici tipici dei pazienti con CFS. È interessante tra l'altro osservare che in Giappone, paese noto per la sua frenetica attività lavorativa, il governo ha istituito e finanziato un gruppo di studio apposito sulla CFS che ha già individuato centinaia di casi nella popolazione.

L'ipotesi metabolica.
Studi molto recenti hanno dimostrato la presenza di alterazioni muscolari in un sottogruppo di pazienti con CFS. Secondo le ricerche condotte dal professor Behan, direttore della Clinica delle malattie nervose dell'Università di Glasgow, l'alterazione sarebbe a livello mitocondriale. Alle medesime conclusioni è arrivato anche un gruppo dell'Università di Chieti, coordinato dal professor Eligio Pizzigallo, che, studiando alcuni pazienti con CFS, ha dimostrato la presenza di diverse anomalie muscolari: alterazioni mitocondriali, degenerazione grassosa, irregolare produzione di fibre muscolari. Queste evidenze, d'altronde, costituiscono un punto di partenza razionale per spiegare la stanchezza riferita dai pazienti.

Le opzioni terapeutiche
In assenza di conoscenze certe sulla causa della CFS, è difficile identificare trattamenti efficaci.
L'approccio terapeutico alla CFS è solitamente sintomatico, ma va sottolineato che non vi è ancora un consenso sul ruolo di farmaci, supplementi vitaminici e terapie psicologiche. Conseguentemente, i trattamenti riportati in letteratura sono aneddotici e altamente speculativi. Delle terapie via via proposte, solo sette sono state sottoposte a valutazione approfondita. Molti degli studi clinici condotti in quest'ambito hanno però arruolato un numero esiguo di pazienti cosicché i risultati, sia negativi che positivi, devono essere valutati con molta cautela. Magnesio. Un recente lavoro, comparso sulla rivista Lancet, riportava che, rispetto ai controlli, nei pazienti affetti da CFS i livelli di magnesio eritrocitario risultavano ridotti. In base a questi rilievi, 15 dei pazienti studiati furono trattati con magnesio per via intramuscolare e 17 con placebo. Tra i pazienti del primo gruppo, 15 hanno risposto favorevolmente al trattamento, mentre nel secondo gruppo solo in 3 pazienti è stato ottenuto un miglioramento dei sintomi. Oltre ad aver arruolato un campione molto esiguo, questo studio non ha valutato le possibilità terapeutiche del magnesio somministrato per os.
In lettere successive, sempre pubblicate sulla rivista Lancet, altri ricercatori hanno segnalato invece che, tra pazienti affetti da CFS da loro trattati, i livelli di magnesio eritrocitario risultavano ridotti solo in un limitato numero di casi.
Secondo un'altra esperienza riportata dalla California dalla dottoressa Jessop, l'80% dei 40 pazienti da lei trattati con magnesio ha ottenuto un miglioramento di alcuni sintomi, ma soltanto il 30% ha presentato un miglioramento dell'astenia. Il protocollo della dottoressa Jessop comprende un trattamento con magnesio per via intramuscolare settimanalmente per 6 settimane, seguito, in caso di risposta favorevole, dal passaggio alla via orale.
Nell'esperienza del professor Eligio Pizzigallo, direttore della Clinica malattie infettive dell'Ospedale Santissima Annunziata di Chieti, vi sono stati risultati estremamente positivi nei pazienti che presentavano una diminuzione dei livelli del magnesio eritrocitario prima della terapia.
Anche dall'esperienza di Aviano emerge che alcuni dei pazienti con magnesemia ridotta beneficiano della terapia con pidolato di magnesio per via orale, trattamento che, però, sembra essere ugualmente efficace anche in altri pazienti con magnesemia normale, anche se altri pazienti sembrano ugualmente beneficiare del trattamento con magnesio, pur con normali livelli ematici di magnesio.
Acetilcarnitina. I dati del gruppo giapponese sullo "Studio della sindrome da stanchezza cronica", sponsorizzato ufficialmente dal ministero della Sanità giapponese, ha evidenziato un deficit di acilcarnitina nei pazienti con CFS.
Per valutare le concentrazioni nel siero di carnitina sono stati studiati 27 pazienti con CFS e 41 volontari. Mentre i valori della carnitina libera non differivano significativamente nei due gruppi, le concentrazioni di acilcarnitina erano significativamente diminuite nei pazienti con CFS. I dati giapponesi suggeriscono pertanto che non vi sono anormalità nella sintesi della carnitina, ma che nei pazienti con CFS esiste una sintesi alterata o un'eccessiva secrezione urinaria della acilcarnitina. Questa carenza potrebbe provocare un deficit energetico a livello del muscolo scheletrico e spiegare pertanto la stanchezza generalizzata, i dolori muscolari, la debolezza muscolare e lo sfiancamento anche dopo uno sforzo fisico minimo, caratteristici dei pazienti con CFS.
In uno studio randomizzato doppio cieco, ricercatori americani hanno evidenziato una riduzione significativa della progressione della malattia di Alzheimer nei pazienti trattati con acetilcarnitina nei confronti di un gruppo di controllo. Il meccanismo con il quale il farmaco agirebbe nella malattia di Alzheimer è sconosciuto, ma è di notevole interesse che la somministrazione di acilcarnitina abbia un effetto positivo sulla memoria e le capacità cognitive, disturbi presenti anche nei pazienti con CFS.
Nell'esperienza di Aviano sono stati ottenuti buoni risultati somministrando ai pazienti con CFS carnitina e acetilcarnitina per via orale, sia impiegati da soli che in combinazione con pidolato di magnesio e alte dosi di vitamina B12. Complessivamente, un terzo dei pazienti così trattati ha ottenuto risultati molto positivi, alcuni dei quali perdurano nel tempo.
Vitamina B12. Il razionale per l'utilizzo di cobalamina ad alte dosi nella CFS deriva da alcuni studi sull'anemia macrocitica, pubblicati sul New England Journal of Medicine (Lindenbaum J et al, 1988, 318: 1720-28; Beck WS et al, 1988, 318: 26). L'esatto meccanismo di azione della vitamina B12 nella CFS non è ovviamente conosciuto ma, visto il dosaggio elevato necessario per ottenere una risposta positiva, si potrebbe pensare che essa non agisca come una vitamina, bensì come un modificatore della risposta biologica.
Su oltre 2000 pazienti trattati in questo modo, Paul Cheney, che è uno dei medici americani con maggiore esperienza nel trattamento della CFS, riferisce di aver ottenuto risposte positive in molti casi somministrando dosaggi fino a 500 mcg tre volte alla settimana per via intramuscolare. Da questo gruppo americano viene riportata invece una netta riduzione dell'efficacia quando la vitamina B12 ad alte dosi viene somministrata per via orale o intranasale. Il trattamento è relativamente poco costoso, privo di effetti collaterali, e si possono programmare terapie anche per un periodo di tempo relativamente lungo (3-6 mesi). Anche nell'esperienza di Aviano le alte dosi di vitamina B12, in associazione a carnitina e magnesio, hanno evidenziato benefici in un sottogruppo di pazienti con CFS. Più recentemente un altro gruppo di studio ha misurato il livello di folati serici in 60 pazienti con CFS e ne ha riscontrato una deficienza nel 50% dei casi.

Il "caso" ciguatera.
È emerso recentemente che la CFS può essere provocata da un'intossicazione alimentare da ciguatera, un pesce che diventa pericoloso quando infettato da un protozoo chiamato Gambierdiscus toxicus. La ciguatera si trova soprattutto nei mari tropicali, in Australia e ai Caraibi, ma l'intossicazione può colpire chiunque perché il pesce, congelato, è facilmente reperibile nei mercati di tutto il mondo. L'intossicazione subacuta e cronica causa perdita di energia, astenia soggettiva e obiettiva e sintomi neuromuscolari. L'intossicazione acuta non è rara nel mondo tropicale e subtropicale e colpisce anche turisti che ritornano verso i climi temperati. Normalmente i casi più gravi evolvono in forme subacute o croniche. Vi può essere anche una recrudescenza dei sintomi dopo che i pazienti sono venuti di nuovo a contatto con cibo intossicato, che può essere pesce o carne di maiale o di pollo alimentati con mangimi contenenti la carne del pesce infettato dal protozoo. L'effetto tossico acuto e cronico è il risultato di anomalie a livello dei canali del sodio delle membrane dei tessuti eccitabili, in particolare le cellule dei muscoli scheletrici. Solitamente coloro che soffrono di intossicazione subacuta e cronica da ciguatera sono erroneamente diagnosticati affetti da malattie neuropsichiatriche. Nella regione dell'Australia denominata Queensland sono stati documentati almeno 2000 casi di intossicazione negli ultimi vent'anni, e molti di questi sono evoluti in una classica CFS. Nelle fasi acute dell'intossicazione può essere utile l'impiego del mannitolo, soprattutto per evitare le manifestazioni subacute e croniche di CFS.

La sindrome del Golfo
Dopo la guerra del Golfo del 1990, circa 30.000 soldati americani hanno riportato diversi problemi sanitari, da tumori a difetti congeniti nella prole. Molti però soffrono di una sindrome simile alla CFS. Alcuni sono immobilizzati a letto per l'estrema stanchezza, che è comunque il sintomo comune a tutti i malati, insieme a dolori muscolari, febbricola, disturbi della concentrazione e della memoria ecc. Le ipotesi alla base di questa patologia non ancora spiegata, sono varie, ma ci si orienta soprattutto sull'esposizione alle sostanze chimiche e biologiche impiegate nella guerra.

Le nuove frontiere della ricerca
Attualmente negli Stati Uniti si stanno studiando le possibilità terapeutiche di un farmaco che si ritiene dotato di attività antivirale e immunomodulatrice, sia nell'Aids che nella CFS. Risultati che provengono da studi non ancora pubblicati in letteratura, ma che sono stati discussi in diverse riunioni, riportano un notevole beneficio per alcuni pazienti affetti da CFS grave. Purtroppo però il farmaco ha dimostrato anche una considerevole tossicità per cui sono senz'altro necessari studi ulteriori, che sono peraltro in atto.

Tratto da: http://digilander.li.....a cronica.htm (Dr Fabio Del Pidio)

#2 admin

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Inviato 22 agosto 2006 - 17:49:59

Una fatica che non passa mai


di Mariangela Masino
con la collaborazione del professor Umberto Tirelli, primario della Divisione di Oncologia Medica A dell'Istituto Tumori di Aviano (PN)

Affaticamento, perdita di concentrazione, sonno inquieto. A essere colpiti dalla sindrome di stanchezza cronica sono soprattutto i giovani e le donne tra i 35 e i 40 anni. L'errore da non fare? Sottovalutare i sintomi

A chi non succede di sentirsi stanco, di cattivo umore e con un senso di debolezza generale? Praticamente a nessuno, anche se il più delle volte si tratta di disturbi passeggeri risolvibili con un po' di riposo, una breve vacanza e qualche passeggiata divertente. A volte, però, la stanchezza non passa, anzi, è talmente forte da impedire lo svolgimento delle attività quotidiane e da determinare un desiderio di dormire superiore alla media cui siamo normalmente abituati. Non solo: in alcuni casi perdura anche se riposiamo e miglioriamo la qualità dell'alimentazione introducendo dosi adeguate di minerali e vitamine. Allora, è meglio rivolgersi al medico, perché i sintomi si possono ricondurre a una sindrome precisa: la stanchezza cronica. Nel linguaggio medico si parla di CFS (Chronic Fatigue Syndrome) o ME (Encefalomielite Mialgica) una sindrome che colpisce 400mila italiani. Più nel dettaglio, di cosa si tratta?
'Di una patologia dalle origini ancora poco chiare, caratterizzata da un senso di affaticamento prolungato, accompagnato da scarsa capacità di concentrazione, perdita di memoria, mal di gola, dolori ai muscoli e alle articolazioni, mal di testa, sonno inquieto', dice il professor Umberto Tirelli, primario della divisione di oncologia medica del centro di Aviano, primo in Italia a occuparsi di questa malattia.
'Bisogna stare attenti, però - mette in guardia il professore - a non confondere un senso di stanchezza causato da super lavoro, eccesso di impegni, con la CFS i cui sintomi continuano per diversi mesi e, spesso, anche per anni'.




Che cos'è la CFS

Si parla di sindrome d'Affaticamento Cronico quando sono presenti contemporaneamente almeno quattro delle seguenti condizioni per sei mesi di seguito:
- una fatica persistente non alleviata da alcun riposo e che aumenta dopo ogni piccolo sforzo;
- riduzione dell'attività lavorativa e della vita sociale;
- perdita di memoria e di concentrazione;
- faringite;
- dolori ai linfonodi cervicali e ascellari;
-l dolori muscolari e delle articolazioni senza infiammazione accompagnati da gonfiori;
- cefalea;
- sonni inquieti e non ristoratori;
- debolezza dopo un'attività fisica che dura per almeno 24 ore.
Se compaiono questi disturbi bisogna rivolgersi al proprio medico che prescriverà alcuni esami per controllare lo stato di salute dell'organismo ed escludere che la causa vada ricercata in altre malattie.


Le cause

Il concetto di stanchezza cronica è ancora poco chiaro. I medici parlano di una spossatezza della mente e del corpo che si determina anche in seguito a uno sforzo minimo, come una nuotata o una corsa. In Australia, i ricercatori dell'Istituto di Medicina nucleare dell'ospedale Queen Elizabeth di Adelaide, ritengono che a causare questa patologia sia un difetto del metabolismo che riduce l'afflusso di sangue al cervello.
Anche gli studi del centro di Aviano sono concordi con la ricerca australiana e hanno rilevato, fra i pazienti affetti da questa sindrome, un'irrorazione sanguigna ridotta nella parte destra della corteccia cerebrale.
L'origine esatta della patologia è però ancora allo studio: si ritiene che alla base di questo disturbo possa esserci un'intossicazione alimentare o una risposta scorretta del sistema immunitario. A confermare quest'ultima ipotesi c'è uno studio dell'Istituto delle Malattie Infettive di Atlanta che evidenzia come le difese, in chi è affetto da CFS, siano alterate, tanto che il senso di affaticamento è spesso accompagnato da svariate sensibilità: intolleranze alimentari, allergie, difficoltà del sistema immunitario



I più colpiti

Secondo uno studio americano condotto a Seattle e a Boston, i malati arrivano addirittura a 276 ogni 100 mila persone.
In Germania si contano 300 mila casi, in Australia 126 mila.
I pazienti sono in genere giovani, le donne hanno intorno ai 35-40 anni. Come segnala l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la patologia è particolarmente diffusa fra le madri impegnate nel doppio ruolo casa-famiglia. Sono loro a essere due o tre volte più esposte rispetto agli uomini.
L'affaticamento cronico è praticamente assente fra le persone che superano i 65 anni, ed è rarissima fra i bambini. Colpisce maggiormente le donne e i giovani perché il loro sistema immunitario è più reattivo ed esposto agli scompensi che sono alla base della patologia.



Le cure

Purtroppo non c'è un farmaco in grado di guarire definitivamente la malattia, anche se spesso i pazienti possono trarre benefici utilizzando antivirali, cortisonici, modulatori del sistema immunitario, integratori.
Discreti risultati si osservano quando il paziente riesce a modificare il suo stile di vita
cercando di evitare gli stress 'cattivi'come i cambiamenti di casa, di lavoro, le attività professionali poco gratificanti. 'Spontaneamente o con l'intervento farmacologico, la sindrome tende a migliorare nel tempo e addirittura a regredire completamente. A volte si assiste a una guarigione definitiva e un discreto numero di persone va incontro a miglioramenti significativi grazie ad un pronta terapia agli inizi della malattia. Con un relax adeguato ci può essere un miglioramento della sintomatologia del tutto spontaneo. Come consiglio preventivo, va ricordato che in presenza di infezioni, anche banali (influenza, raffreddore) il riposo assoluto è la prima regola da seguire. Oggi, invece, soprattutto le donne troppo impegnate su più fronti lavorativi, a casa e fuori, sono costrette a venir meno ai consigli del medico.



La diagnosi

La presenza di una fatica cronica prolungata richiede una valutazione clinica che deve escludere la presenza dei seguenti problemi:
- epatite B o C non risolte
- abuso di alcol e droghe
- anoressia o bulimia
- obesità
- depressione
- disturbi del sonno e del sistema nervoso
- alterazioni al cuore, reni e infezioni epatiche
- disturbi alla tiroide
- infezioni croniche
- diabete
- forme tumorali

Non esistono esami specifici per confermare la diagnosi di CFS, ma sono usualmente effettuati per escludere altre possibili cause.

Criteri di DIAGNOSI: la diagnosi si basa sul protocollo di Atlanta, stilato nel 1994 dal ""Center For Disease Control" e quindi chiamato CDC Protocol, ma che da molti è stato messo in discussione, poichè non tiene conto di una svariata serie di sintomi, lamentati dai malati di CFS:

una fatica cronica persistente per almeno 6 mesi che non è alleviata da riposo, che si esacerba con piccoli sforzi e che provoca una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali;

ed inoltre devono essere presenti QUATTRO O PIU' dei seguenti sintomi, anche questi presenti per almeno 6 mesi:

disturbi della memoria e della concentrazione tali da ridurre i precedenti livelli di attività occupazionale e personale;
faringite;
dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari;
dolori muscolari e delle articolazioni senza infiammazioni o rigonfiamento delle stesse;
cefalea di tipo diverso da quella presente eventualmente in passato:
sonno non ristoratore;
debolezza post esercizio fisico che perdura per almeno 24 ore


Dopo quello di Atlanta, nel 2004 4 dieci arriva dal Canada un altro protocollo più completo, secondo il quale un malato di CFS deve presentare i primi 3 criteri + il settimo + almeno 2 dei sintomi annoverati nella categoria Neurologico-cognitiva + 1 dei sintomi in almeno 2 tra le categorie al punto 6(Sistema nervoso autonomo, Manifestazioni neuroendocrine, Manifestazioni immunologiche)

1. Fatica manifestatasi improvvisamente, inspiegabile e persistente e/o fatica mentale e fisica ricorrente che riduca significativamente i livelli normali di attività

2. Malessere post-esercizio fisico con dispendio non giustificabile di stamina mentale e fisica, rapida faticabilità muscolare e mentale, malessere/fatica/dolore in seguito ad esercizio fisico con tendenza all' acuirsi di tutti i sintomi associati tra quelli che il paziente solitamente accusa. Un periodo di recupero patologicamente lungo, generalmente 24 ore o più

3. Disfunzioni del ritmo del sonno, sonno non ristoratore o variazioni nella quantità e qualità del sonno come ritmi invertiti e caotici di sonno diurno

4. Dolori muscolari di vario grado. Il dolore si può verificare in muscoli e/o articolazioni ed è spesso esteso e di natura migrante, spesso vi sono mal di testa di nuovo esordio e di diverso grado di severità

5. Manifestazioni Neurologico-Cognitive (2 o più) confusione mentale, difficoltà di concentrazione e di fissazione della memoria a breve termine, disorientamento, difficoltà nel processare informazioni, nell' associare, categorizzare o ricercare parole; disturbi percettivi quali instabilità spaziale, disorientamento e difficoltà di messa a fuoco. Atassia, fascicolazioni muscolari. Possono verificarsi fenomeni di "sovraccarico sensoriale": fotofobia, ipersensibilità ai rumori o "emozionale": ansia, panico...

6. Almeno 1 sintomo in 2 dell categorie seguenti:

a. Disturbi del sistema nervoso autonomo: Ipotensione mediata neurologicamente (ipotensione ortostatica NMH) Tachicardia posturale ortostatica (POTS), Ipotensione posturale ritardata, sensazione di "testa leggera", pallore estremo, nausea, colon irritabile, frequenza della minzione aumentata, disfunzioni della vescica, palpitazioni con o senza aritmie, mancanza di fiato sotto sforzo.

b. Disturbi Neuro-endocrini: Mancanza di stabilità nella temperatura corporea, sotto la norma con ampie fluttuazioni durante l'arco della giornata, episodi di sudori freddi, sensazione ricorrente di febbricola ed estremità fredde, intolleranza agli estremi del caldo e del freddo, variazioni di peso marcate, anoressia o appetito anomalo, mancanza di adattabilità e peggioramento dei sintomi sotto stress

c. Manifestazioni Immunologiche: Gonfiore dei linfonodi, mal di gola ricorrenti, malessere generale, nuove allergie a cibi, medicinali o sostanze chimiche

7. Il quadro deve persistere per almeno 6 mesi, solitamente con un inizio improvviso e ben distinguibile ma talvolta anche graduale. Una diagnosi preliminare può comunque essere stilata prima. Per i bambini sono da considerarsi 3 mesi



Riconoscimento della malattia


Purtroppo in Italia, a differenza di altri Paesi, la CFS non è riconosciuta.
I malati di CFS si battono da anni per ottenerne il riconoscimento ufficiale. Nella sezione Atti Parlamentari è possibile consultare le iniziative di alcuni politici a sostegno di questa causa.


Centri di diagnosi , Associazioni e invalidità

Per quanto riguarda i Centri di diagnosi , le Associazioni CFS e l'invalidità, si rimanda alle apposite sezioni

Tratto da:
http://www.consumerc.....41:00_PM_News

#3 Johnny

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Inviato 06 giugno 2007 - 13:51:21

Su oltre 2000 pazienti trattati in questo modo, Paul Cheney, che è uno dei medici americani con maggiore esperienza nel trattamento della CFS, riferisce di aver ottenuto risposte positive in molti casi somministrando dosaggi fino a 500 mcg tre volte alla settimana per via intramuscolare.


Volevi scrivere 5000 mcg vero?
500 sono assai pochino.... :unsure:


#4 admin

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Inviato 10 giugno 2007 - 21:35:46

Non saprei, non sono ne un medico o un ricercatore, mi sono limitato a trascrivere l'articolo del dr. Fabio Del Pidio, puoi ancora vedere il suo articolo nella copia cache di Google:

http://66.102.9.104/...clnk&cd=2&gl=it

e magari potresti scrivergli :D

Da quello che hai scritto si evince che hai una buona preparazione medica, aspettiamo tuoi interessanti post, che ne dici ?

#5 Johnny

Johnny

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Inviato 18 giugno 2007 - 23:42:36

Non saprei, non sono ne un medico o un ricercatore, mi sono limitato a trascrivere l'articolo del dr. Fabio Del Pidio, puoi ancora vedere il suo articolo nella copia cache di Google:

http://66.102.9.104/...clnk&cd=2&gl=it

e magari potresti scrivergli :unsure:

Da quello che hai scritto si evince che hai una buona preparazione medica, aspettiamo tuoi interessanti post, che ne dici ?

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Scusa per il ritardo.....

Di Pidio si è dimenticato uno "0" nella tastiera....
Chessarammai..... :o


:)

Messaggio modificato da Johnny, 19 giugno 2007 - 00:00:38


#6 michimichela

michimichela

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Inviato 05 agosto 2007 - 12:41:08

Sto approfondendo le ricerche, ma il link non porta a niente.
Qual è il link corretto?

Messaggio modificato da michimichela, 05 agosto 2007 - 17:13:34


#7 admin

admin

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Inviato 05 agosto 2007 - 23:32:18

Il link, come il documento, è vecchio, quello precedente era nella cache di Google (vuol dire che non esiste più nel sito originale ma nella 2memoria" delle pagine indicizzate da Goggle) ho trovato lo stesso testo qui: Dr Fabio Del Pidio - La sindrome da fatica cronica




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